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La crisi è esistenziale e valoriale PDF Stampa E-mail

30 Ottobre 2022

Scriviamo a caldo,a tambur battente,sull' onda delle forti impressioni e quindi consapevoli di fare una analisi frettolosa ed imperfetta,tuttavia riteniamo opportuno analizzare immediatamente la questione per evitare che come sovente accade il polverone dei primi giorni venga soffocato dal tappeto dell' oblio. In poche ore sono accaduti due episodi di intenso allarme sociale: a Milano un uomo di 46 anni,da un anno in cura per problemi di depressione ha accoltellato a casaccio avventori e dipendenti di un centro commerciale,uccidendo un cassiere di trent' anni e ad Asso ,nel Comasco,un brigadiere dei carabinieri ha ucciso il suo comandante di stazione con la pistola d' ordinanza per poi barricarsi nell' edificio. Anche qui,dalle prime voci trapelate,il militare soffriva da alcuni mesi di un ancora non ben specificato "disagio/disturbo psichico".

Verrebbe sulle prime da chiedersi : quanti depressi ci sono in Italia? E può la "depressione" (termine clinico dal significato vago, perché ogni depressione è inquadrabile in una determinata categoria e fenomenologia e a sua volta agisce sull' individuo diversamente,ogni depresso è un caso a sé) sfociare quasi sempre in comportamenti criminali di allarme sociali sino all' omicidio e alla tentata strage accoltellando sconosciuti a casaccio? Che sta succedendo nella nostra società,nelle nostre comunità? Notizie che sino a poco fa erano derubricate alla società americana ora ci colpiscono in pieno e ci allarmano. E ancora : tutto questo è ascrivibile alla contingenza e alla congiuntura di crisi perdurante che senza sosta e passando dall' ambito finanziario passando per quello pandemico e ora energetico e sociale perdura da tempo troppo lungo? La crisi crea criminalità e comportamenti devianti? Rispondere non è facile,diciamo che la devianza sociale -che sfocia nel crimine-è un insieme di vari fattori tra cui: -Fattori biologici (aggressività innata,disturbi ormonali, alterazioni a carico dei sistemi neurotrasmettitoriali e neurologici,ecc) -Fattori psicopatologici e psicologici seppur va detto che non esiste nesso automatico tra psicopatologia e criminalità o devianza-chi li commette,spesse volte è una persona definita normale. -Fattori ambientali tra cui il fattore sociale spicca in evidenza: disgregazione e/o disorganizzazione sociale, deficit di socializzazione,anomia(deficit o assenza di leggi e di regole),mancanza di realizzazione personale, mancanza di un humus strutturale che può portare alla realizzazione personale,eccetera. Potremmo riassumere che per 1/3 sono fattori ambientali,1/3 fattori sociali,1/3 fattori di natura personale-cioè di predisposizione. La spia d' allarme a nostro avviso non sta tanto nell' aumento dei reati a sfondo predatorio,comuni a tutte le epoche storiche la cui forbice si allarga e si restringe a seconda della congiuntura economica o dei rapporti tra le classi sociali, la spia d' allarme qui consta nel fatto che sono in aumento i raptus,i gesti di follia inconsulta,i reati contro la persona (ben diversi dai reati predatori contro la proprietà),i reati a sfondo sessuale e gli abusi vari,i reati di sangue insomma e cosa ancor più preoccupante tali raptus,tali follie omicide stanno uscendo dagli ambiti familiari per riversarsi in furori assassini contro persone sconosciute,perfetti sconosciuti,gente presa a casaccio per la via, per la strada, in un centro commerciale: una "cupio dissolvi" che va a punire la società nel suo insieme. Liquidare tutto come "depressione" e "follia" o "gesti compiuti da persone con disturbi psichiatrici" è riduttivo e non aiuta ad andare alla radice del problema. Se la letteratura psichiatrica contempla individui apparentemente normali o cosiddetti normali che cadono in depressione e la depressione peggiora sino a un punto di non ritorno da sfociare nell'atto di sangue questo è valido per una parte delle persone colpevoli,non è possibile che lo schema sia valido per "tutte" le persone colpevoli di tale reato.

Qui non possiamo derubricare la questione alla solita dialettica di "era meglio prima o dopo la Legge Basaglia" o "riaprire o tener chiusi i manicomi". Non si dice che non si debba affrontare il discorso del trattamento di chi soffre di turbe psichiche o gravi disturbi mentali ma di contestare una forma mentis che liquida sbrigativamente tutti i reati di crimini di sangue e di raptus omicidi come risultato di individui bacati a prescindere: tanto bacati a prescindere,ad esempio,che il colpevole di Milano era incensurato ed era in cura da un anno circa per depressione,il che significa-avendo anagraficamente 46 anni-che per 45 anni non è mai stato un elemento pericoloso per la comunità e poi d' improvviso ecco il buio calare nei meandri della mente. A simili semplificazioni noi crediamo ben poco. Facciamo notare che il singolo individuo altri non è che un elemento inserito,volente o nolente,in un contesto complesso ,collettivo e condiviso molto più vasto che si chiama società(in ambito generale) e comunità(in microscala e in ambito locale),società sempre più disgregata e sfilacciata e impantanata; quanto alla comunità,stendiamo un velo pietoso: potremmo inserire il lemma nel dizionario delle parole estinte per come siamo mal combinati. Contro i fattori biologici e psicopatologici noi possiamo fare ,a parte curare con farmaci e terapie e strutture,davvero ben poco ma comunità e società dovrebbero avere una funzione demiurgica nel plasmare l' individuo e permettergli di tirar fuori il meglio di sé per giungere ad una realizzazione nella vita,possibilmente in base alle inclinazioni. Se manca anche questa funzione demiurgica e di collante allora siamo messi male,è come un fiume irregolare ed impetuoso senza argini.

Parliamoci chiaro: la società odierna o quel poco che ne resta non sta male,sta malissimo,quasi in fase terminale e questa è la radice da cui partono tutti i mali. La sanità psichica della popolazione,dopo anni e anni di emergenze varie e inserita in un contesto altamente esigente e complesso come quello attuale anch' essa non è in buone condizioni,tutt' altro anzi: non meniamo il can per l' aia,la salute psichica della popolazione attualmente versa in condizioni critiche,molto critiche e tutto questo si riverbera nei fatti che leggiamo. Uniamo a tutto questo le crisi varie e continue e una società in disfacimento e il miscuglio tossico risulta perfetto . Questi episodi non vanno obliati dopo cinque o sei giorni.Su questi episodi bisogna ragionare a fondo,analizzare a fondo,scavare e scavare e scavare sino alle radici del male . Ci si deve cacciare in testa che la crisi di tutte le crisi attuali non è tanto quella energetica o finanziaria od economica: è la crisi esistenziale,la crisi valoriale,la crisi identitaria individuale e collettiva. Da questo male nascono gran parte dei fattacci di cronaca . Non sempre si tratta di "depressioni". Bisogna studiare e star sotto a queste cose: guai a noi se dovesse giungere il giorno in cui non faranno più nemmeno notizia!

Simone Torresani

 
L'ideologia del progresso PDF Stampa E-mail

29 Ottobre 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 23-10-2022 (N.d.d.)

Ben scavato, vecchia talpa! esclama Amleto alla vista del fantasma del padre, apparso al principe di Danimarca così lontano dal luogo della sepoltura. Ben scavato, vecchia talpa, ribadirà Karl Marx nel Diciotto Brumaio di Luigi Napoleone, confidando nello spirito della rivoluzione proletaria. La talpa che ha meglio scavato in profondità è l’idea di progresso, nata nel XVIII secolo e diventata totem e tabù della modernità d’occidente. Apparve quando nacque il bisogno di attribuire all’uomo, svuotato di contenuto religioso, un destino con un significato materiale. L’ invenzione del progresso è diventata un’ideologia, tanto che partiti e forze culturali si definiscono progressiste e chi non è dei loro avverte il bisogno di giustificarsi, di circoscrivere o negare la sua opposizione. Come sottrarsi all’idea di progresso, alla sua inesorabile avanzata, opporsi alla quale significa contrastare il cammino dell’umanità, il movimento positivo verso gradi o stadi superiori, con implicito il concetto di perfezionamento, evoluzione, trasformazione continua verso il meglio.

L’ottimismo ottocentesco fece scrivere a Giuseppe Mazzini: oggi sappiamo che la Legge della Vita è il Progresso, con abuso di maiuscole. Il progresso è il senso della Storia (altra maiuscola; ma esiste un senso della storia?), il percorso definito, il Vangelo del Bene e del Giusto. Chi si mette di traverso può essere solo uno squilibrato, un disturbatore insensato a cui togliere la parola. Ascoltarlo equivarrebbe a camminare all’indietro, retrocedere in serie B: regresso. Progresso è luce, ogni obiezione è tenebra. Insomma, essere progressisti è un dovere, un’ovvietà, una laica fede materiale. Come la frase sull’amore incisa sugli anelli dei fidanzati: più di ieri, meno di domani. Le sorti dell’umanità sono “magnifiche e progressive”. Chi non ci crede è un maledetto reazionario, un rottame del passato che non merita di essere confutato: il senso e la direzione positiva del progresso sono indiscutibili, simili a certi postulati matematici indimostrati la cui validità si ammette a priori, o agli assiomi, principi assunti come veri perché ritenuti evidenti o in quanto costituiscono il punto centrale di un quadro teorico di riferimento. Invece no. E la confutazione non proviene da un incallito lodatore del tempo antico o da Unabomber, ma da uno dei più lucidi intellettuali “di sinistra”, Christopher Lasch, l’autore della Cultura del narcisismo e della Ribellione delle élite. Applichiamo allo storico e sociologo americano (1932-1994), per semplice comodità, la categorizzazione destra-sinistra da lui sempre rigettata. Lasch fu piuttosto un populista innamorato delle culture popolari, un socialista sui generis e innanzitutto un intellettuale libero. Ne Il paradiso in terra – titolo assai polemico – afferma che il punto di partenza della sua riflessione è il seguente interrogativo: “come mai tanta gente seria continua a credere nel progresso, mentre la mole di prove avrebbe dovuto indurli ad abbandonare una volta per tutte questa idea”? Le idee ricevute e fatte proprie sono dure a morire, e il progresso è l’idea chiave della cultura di massa. Un notevole fraintendimento, addirittura un paraocchi per chi è cresciuto nelle idee marxiste, che non parlano affatto di progresso, bensì di liberazione dalle catene del capitalismo, la cui idea guida è il bisogno di rivoluzionare continuamente la società. Anche Proudhon mise in guardia dall’ottimismo sciocco di chi confonde il progresso materiale ed economico con il progresso morale. Così scrivono Marx ed Engels nel Manifesto del 1848. “Dove ha raggiunto il dominio, la borghesia ha distrutto tutte le condizioni di vita feudali, patriarcali, idilliche. Ha lacerato spietatamente tutti i variopinti vincoli feudali che legavano l’uomo al suo superiore naturale, e non ha lasciato fra uomo e uomo altro vincolo che il nudo interesse, il freddo “pagamento in contanti”. Ha disciolto la dignità personale nel valore di scambio e al posto delle innumerevoli libertà patentate e onestamente conquistate, ha messo, unica, la libertà di commercio priva di scrupoli. (…). La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le attività che fino allora erano venerate e considerate con pio timore. Ha tramutato il medico, il giurista, il prete, il poeta, l’uomo della scienza, in salariati ai suoi stipendi. La borghesia ha strappato il commovente velo sentimentale al rapporto familiare e lo ha ricondotto a un puro rapporto di denaro”.

L’invenzione del progresso è il più straordinario successo del capitalismo, il cui scopo è di abbattere ogni barriera , idea e principio per ricondurre tutto allo scambio misurabile in denaro. Deve svellere ogni radice per costruire l’homo consumens a taglia unica – a una dimensione, dice Herbert Marcuse – un vuoto da riempire con l’immaginario delle merci e con la retorica inappagata dei desideri; una macchina desiderante priva di bussola che corre senza posa alla ricerca del nuovo, programmaticamente migliore del passato, “più”, rispetto al “meno” di ieri, screditato, deriso, rimosso. Eppure, ancora Marx, espresse nei Manoscritti un concetto decisivo, che pare il contrario del progressismo: la radice è l’uomo. Privato di radici, l’uomo si spoglia di se stesso in nome del progresso, accogliendo con gioia compiaciuta ogni novità, sinonimo di avanzamento. Con l’invenzione del progresso e la sua immissione nella cultura di massa, il gioco è fatto: diventa autoinganno, finta felicità che sventola la bandiera della sottomissione all’ordine capitalista. I progressisti di ascendenza socialista e comunista, rinfoderate le ansie rivoluzionarie, non colgono la disfatta, ma percepiscono come una vittoria il presente dominato dalla corsa illimitata (dromocrazia, per Paul Virilio, la maratona infinita scambiata per progresso): un gioco di specchi allucinatorio. Lo compresero i Francofortesi, sottolineando che la cultura di massa e l’idea di progresso non avevano liberato gli uomini, ma li hanno trasformati in vittime consenzienti della pubblicità e della propaganda. Forma merce e società dello spettacolo: l’alienazione al potere. Ne è consapevole un irregolare del socialismo che non si rassegna ad annegare nel minestrone progressista, Jean Paul Michéa. Per lui, l’idea di progresso, declinata come corsa forsennata senza traguardo, svela i due postulati nascosti della sensibilità liberal-libertaria, la Matrix del progressismo. Il primo è l’adesione all’ idea che l’uomo sia solo una macchina desiderante costretta dalla sua natura a massimizzare la propria utilità. Quella riduzione, una volta introiettata come corollario obbligato del progresso, rende impossibile ogni obiezione. Il progresso si inchina alla mistica dei diritti, che diventano una sorta di pretesa di tutti su tutto. Questo finisce per giustificare ogni cosa, dallo sfruttamento più spietato ai nuovi diritti legati alla sfera sessuale e pulsionale. Il progresso è l’ideologia dell’homo oeconomicus, parallelo all’uomo-macchina e all’individuo che si emancipa da ogni credenza o struttura tradizionale. Un processo senza fine – come illimitato è il filo del progresso – che produce un clamoroso rovescio, un’eterogenesi dei fini: la sottomissione a nuove forme di dominio e di autorità: “lo stato moderno e i suoi giuristi, il mercato autoregolato e i suoi economisti, e naturalmente, l’ideale della scienza come fondamento immaginario e simbolico di questo nuovo insieme storico”.

Incredibile è la mutazione, o la trasvalutazione dei valori che il progressismo liberal-libertario ha imposto ai suoi nemici di ieri. Marcuse denunciò per primo la “tolleranza repressiva” del potere nelle società politiche occidentali, la tendenza a far coincidere progresso tecnologico ed emancipazione umana. Affermò l’impostura delle società democratiche che rendono impossibile ogni forma di opposizione. L’ incipit dell’Uomo a una dimensione è “una confortevole, levigata, ragionevole, democratica non libertà prevale nella civiltà industriale avanzata, segno del progresso tecnico “. La soluzione è tuttavia parte del male: la liberazione attraverso l’Eros, la negazione del principio di autorità, i paradisi artificiali, la chiusura nella dimensione soggettiva. Esattamente ciò che serve al neo capitalismo globalista per perpetuare il suo dominio.

L’altro elemento che legittima l’ideologia del progresso, rendendola trasversale, è l’errore capitale della sinistra “moderna”, attardata nella convinzione che il liberal-liberismo sia una forza conservatrice o addirittura reazionaria. Sono numerosi, sospira Michéa, coloro che “insorgono ancora contro la famiglia autoritaria, il moralismo sessuofobo, la censura letteraria, l’etica del lavoro e altri pilastri dell’ordine borghese, mentre questi ultimi sono ormai stati distrutti o scalzati dal capitalismo avanzato.” Nulla di più insensato della pretesa – o dell’equivoco – progressista di rappresentare la giustizia e il bene: fin dal Settecento e dall’illuminismo, ragione, cambiamento e progresso sono state bandiere e conseguenze dell’ordine economico liberale, la cui stella polare è il mercato fornitore di armonia tra individui razionali mossi solo dall’interesse, privati di filiazione e legami, intollerabili ostacoli al progresso. Che poi il progresso non conduca alla felicità, nonostante gli innegabili miglioramenti di molte condizioni materiali, non scoraggia i suoi fautori: basta spostare l’oggetto del desiderio, far balenare nuovi progressi e il gioco è fatto.

Un altro effetto della superstizione progressista è il curioso suprematismo del tempo presente, in nome del quale chi è vissuto prima di noi ci è inferiore; ha goduto di un numero più basso di mezzi e di diritti, quindi anche la sua umanità è inferiore alla nostra. Il “presentismo” progressista cerca di allontanare il futuro schiacciandolo sull’oggi, poiché altrimenti perderebbe molta della sua efficacia e del suo fascino. Il progresso di domani, infatti, sarà superiore al nostro, con la perdita di autostima e relativizzazione dell’oggi che ne consegue. I padroni del progresso lo sanno e agiscono di conseguenza. Provocano un’ansia costante, consustanziale al progresso – il processo che non può esaurirsi – un’inquietudine interiore che rende dipendenti dal nuovo, dal consumo, dai desideri. Il progresso, anziché aumentare le nostre possibilità e aprire le menti, come pensavano positivisti e pragmatisti, genera tensione, competitività, paura, invidia sociale, a cui non è opposto altro rimedio se non somministrare dosi crescenti della medicina che ha provocato la malattia. In più, disprezzando ogni passato, rinuncia al confronto, pago della superiorità di mezzi del presente. Qui sta una delle contraddizioni progressiste: l’eccesso di mezzi oscura i fini sino a negarli. Il progresso, nella forma in cui è vissuto nella cultura di massa, assomiglia sempre più alla vana corsa circolare del criceto nella ruota e dentro la gabbia. L’invenzione del progresso, la fede accecante che genera, sono le mura della prigione senza sbarre che rende frenetica e mai sazia la vita contemporanea.

Prima o poi anche il progresso tramonterà e gli uomini torneranno sui propri passi, accettando una vita più naturale, umana nel senso nobile del termine. La talpa si stancherà di scavare e osserverà i detriti del suo lungo lavoro. Forse accadrà quanto immaginato dalla geniale leggerezza di Ennio Flaiano: anche il progresso, diventato vecchio e saggio, votò contro.

Roberto Pecchioli

 
Undici domande agli atlantisti PDF Stampa E-mail

27 Ottobre 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 24-10-2022 (N.d.d.)

1. Qual è la differenza tra l'intervento Nato in Jugoslavia e quello russo in Ucraina?

2. Perché il Kosovo ha diritto all'indipendenza e il Donbass no?

3. Perché la Germania Est può scegliere di riunificarsi a quella Ovest e la Crimea non può scegliere di riunirsi alla Russia?

4. Perché l'Ucraina ha diritto di entrare nella Nato e le Isole Salomone non hanno diritto di ospitare basi militari cinesi?

5. Perché Usa, Francia e Israele possono bombardare la Siria e se la Russia fa lo stesso in Ucraina è un crimine?

6. Perché la Nato può bombardare la Libia e se la Russia fa lo stesso in Ucraina è il nuovo Hitler?

7. Perché gli Usa e il Regno Unito possono fare la guerra preventiva contro l'Iraq ma la Russia non può farla contro l'ingresso dell'Ucraina nella Nato?

8. Perché la Slovenia e la Croazia possono dichiarare l'indipendenza dalla Jugoslavia, mentre la Crimea e il Donbass non possono dichiarare l'indipendenza dall'Ucraina?

9. Perché l'assalto a Capitol Hill è un attentato alla Democrazia mentre il golpe di EuroMaidan è una rivoluzione democratica?

10. Perché Israele può violare la sovranità di tutti i suoi vicini e se fa lo stesso la Russia è l'Impero del Male?

11. Come mai l'Occidente non rifornisce di armi lo Yemen e non impone sanzioni all'Arabia Saudita?

Riccardo Tristano Tuis

 
Contestazione funzionale al capitale PDF Stampa E-mail

26 Ottobre 2022

 Da Rassegna di Arianna del 23-10-2022 (N.d.d.)

Quando è avvenuto il passaggio della sinistra da contropotere a potere, da Piazza a Palazzo? Cosa è successo che ha trasformato una forza antagonista del Capitale a guardia rossa del Capitale e parte integrante del ceto dominante? Lo diciamo tante volte ma ci sfugge il passaggio chiave. Gli indizi di superficie sono molteplici e fin troppo noti: a est il fallimento delle esperienze comuniste, a ovest il collasso dello statalismo assistenziale; sul piano intellettuale il tramonto di Marx e dell’idea di Rivoluzione e sul piano sociale l’inclusione di militanti, agenti e funzionari della sinistra nell’apparato pubblico, nel settore privato e nella magistratura, nella scuola, nell’università, nell’editoria, nello spettacolo. Inclusione che oltre gli effetti politici e ideologici ben noti, ha comportato anche l’inevitabile “imborghesimento” del ceto progressista e l’upgrade nell’establishment. Possiamo anche periodizzare questo processo: è avvenuto dopo il ’68, lungo gli anni Settanta, poi espandendosi negli anni seguenti fino a integrarsi e compenetrarsi coi poteri e le istituzioni. Il vantaggio è reciproco: al Capitale ha dato una “buona coscienza” etica e una legittimazione culturale sul piano dell’emancipazione e della difesa dei diritti umani e civili; e alla Sinistra ha dato un potere d’influenza e d’interdizione, e la direzione culturale e civile.

Ma tutto questo ancora non spiega il motivo centrale del connubio tra sinistra e capitale, la saldatura di due egemonie, tra potere economico e potere culturale. Cosa ha determinato quella convergenza? È il comune proposito di sostituire il mondo comune fondato sulla realtà con il mondo uniforme fondato sui desideri indotti; il desiderio di un mondo nuovo per la sinistra e di nuovi mercati per il capitale. Come avviene questo cambio? Cancellando, disprezzando e spezzando i legami, i confini, i limiti. Quel che a sinistra chiamano emancipazione, liberazione, progresso; e in gergo capitalistico chiamano sviluppo, consumo, modernizzazione. La parola chiave di ambedue è sradicamento, l’identità si dissolve: è ritenuto uomo libero chi non ha legami né appartenenze, fluido in un mondo liquido, proiettato nei suoi desideri anziché ormeggiato alle sue eredità e alla sua natura; connesso al suo tempo e al web ma sconnesso dal suo luogo e dai suoi legami comunitari. In tal modo diventa cittadino del mondo, uomo senza confini (anche sessuali), individuo emancipato e globale, secondo il sogno convergente dell’internazionalismo di sinistra e della globalizzazione capitalista. Il mondo da abbattere non viene denominato per quel che è – la realtà dei legami religiosi e civili, famigliari e comunitari – ma viene ribattezzato in negativo come razzismo, fascismo, omotransfobia, antifemminismo. Questa convergenza ha una precisa ricaduta sociale: dichiarare guerra al mondo comune, alla realtà, alla natura, al contesto in cui vive l’uomo da sempre, significa rompere con i popoli e ripartire dalle élites. Oligarchie economiche e finanziarie, politiche e intellettuali, nemiche del comune sentire, delle radici popolari e dei legami. È la ribellione delle élite di cui scrisse nel 1994 un lucido sociologo americano, Cristopher Lasch, che faceva il verso alla ribellione delle masse di Ortega y Gasset (1930). Nelle sue opere Lasch notava quel che acuti osservatori nostrani di opposta estrazione come Augusto Del Noce e Pierpaolo Pasolini avevano già colto: i contestatori, i rivoluzionari, la sinistra radicale dichiaravano guerra al capitalismo ma poi combattevano il patriottismo, la religione, la famiglia tradizionale, ritenendo così di colpire il cuore e le retrovie del capitalismo. La loro lotta, invece, era del tutto funzionale al capitalismo, che voleva abbattere proprio quegli argini e disfarsi di quei legami che si opponevano all’instaurazione di una società compiutamente sradicata di individui soli, facile preda del consumismo. Anche Marx nel Manifesto aveva spiegato che con il capitalismo “si dissolvono tutti i rapporti sociali stabili e fissi, con il loro seguito di concezioni e di idee tradizionali e venerabili”. Per ottusità, presunzione o malafede, la sinistra ha ignorato il Manifesto di Marx (non un autore reazionario) ed è diventata il sicario della società tradizionale, con la benedizione del capitale… Cancellando i credenti, i famigliari, i patrioti, restano solo i consumatori; di merci e di ideologie. “Ci si libera dalla tradizione solo per piegarsi alla tirannia della moda” nota Lasch nel saggio Contro la cultura di massa (edito ora da Eleuthera). La libertà consiste nello scegliere tra marchi, prodotti, “opinioni preconfezionate e ideologie progettate da opinion makers”; il processo avverrà, notava trent’anni fa Lasch, “distruggendo la memoria collettiva, sostituendo un’autorità responsabile con un nuovo star system”, oggi diremmo con gli influencer e le fabbriche del consenso manipolato. Resterà come illusoria gratifica quel “narcisismo di massa” di cui scrisse Lasch ne La cultura del narcisismo: è il nuovo oppio dei popoli, ridotti in formato single davanti allo specchio (alias uno smartphone). Lasch auspicava un’alleanza per resistere all’assimilazione, allo sradicamento e alla modernizzazione forzata. Per Simone Weil chi è sradicato sradica; per Lasch ”lo sradicamento sradica tutto, salvo il bisogno di radici”.

Ecco dov’è il punto di fusione tra sinistra e capitale: nella dissoluzione dei legami naturali, religiosi e comunitari spacciata per emancipazione e liberazione dai mostri. Ti tolgono tutto e poi ti dicono: hai meno pesi e vincoli, ora sei libero di correre. Poi ti dicono pure dove andare, cosa comprare e che strada percorrere…

Marcello Veneziani

 
Gaslighting PDF Stampa E-mail

24 Ottobre 2022

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 Da Comedonchisciotte del 21-10-2022 (N.d.d.)

Per gli studiosi della propaganda ufficiale, del controllo mentale, della coercizione emotiva e di altre insidiose tecniche di manipolazione, il lancio della Nuova Normalità è stato una vera e propria cuccagna. Mai prima d’ora avevamo potuto osservare in tempo reale l’applicazione e gli effetti di queste potenti tecnologie su una scala così vasta. In poco più di due anni e mezzo, la nostra “realtà” collettiva è stata radicalmente rivista. Le nostre società sono state completamente ristrutturate. Milioni (probabilmente miliardi) di persone sono state sistematicamente condizionate a credere ad una serie di affermazioni palesemente ridicole, basate sul nulla, ripetutamente smentite da prove ampiamente disponibili, ma che hanno comunque raggiunto lo status di fatti. Un’intera narrativa fittizia è stata scritta sulla base di queste affermazioni infondate e ridicole. Non sarà cancellata facilmente o rapidamente.

Non vi farò perdere tempo cercando di controbattere queste affermazioni. Sono state ripetutamente ed esaurientemente sfatate. Sapete cosa sono e potete crederci o non crederci. In ogni caso, rivederle e confutarle di nuovo non cambierebbe nulla. Vorrei invece concentrarmi su una tecnologia di controllo mentale particolarmente efficace, che ha svolto, e sta svolgendo tuttora, il lavoro pesante per l’attuazione della Nuova Normalità. Voglio farlo perché molte persone credono erroneamente che il controllo mentale sia (a) una “teoria della cospirazione” o (b) qualcosa che può essere ottenuto solo con droghe, microonde, chirurgia, tortura o altri mezzi fisici invasivi. Naturalmente, esiste una vasta e ben documentata storia dell’uso di tali tecnologie fisiche invasive (si veda, ad esempio, la storia del famigerato programma MKULTRA della CIA), ma, in molti casi, il controllo mentale può essere ottenuto con tecniche molto meno elaborate. Una delle tecniche più elementari ed efficaci che le sette, i sistemi totalitari e gli individui con tendenze fasciste usano per disorientare e controllare la mente delle persone è il “gaslighting.” Probabilmente conoscete questo termine. In caso contrario, ecco alcune definizioni: “Trattasi della manipolazione di un’altra persona affinché dubiti delle sue percezioni, esperienze o comprensione degli eventi.” American Psychological Association “Una forma insidiosa di manipolazione e controllo psicologico. Le vittime del gaslighting vengono deliberatamente e sistematicamente alimentate con false informazioni che le portano a mettere in dubbio ciò che sanno essere vero, spesso su se stesse. Possono finire per dubitare della loro memoria, della loro percezione e persino della loro sanità mentale.” Psychology Today “Una forma di manipolazione psicologica in cui l’abusante cerca di seminare dubbi e confusione nella mente della vittima. In genere, i gaslighter cercano di ottenere potere e controllo sull’altra persona, distorcendo la realtà e costringendola a mettere in discussione il proprio giudizio e la propria intuizione.” Newport Institute

L’obiettivo principale del gaslighting è confondere, costringere e manipolare emotivamente la vittima affinché abbandoni la propria percezione della realtà e accetti la nuova “realtà” che le viene imposta. In definitiva, si vuole distruggere completamente la capacità della vittima di fidarsi della propria percezione, delle proprie emozioni, dei propri ragionamenti e della propria memoria degli eventi storici, rendendola completamente dipendente su cosa è reale, su cosa è “realmente” accaduto e su come dovrebbe sentirsi al riguardo. Chiunque abbia sperimentato il gaslighting nel contesto di una relazione violenta, di una setta o di un sistema totalitario, o abbia lavorato in un centro di accoglienza per donne maltrattate, può dirvi quanto sia potente e distruttivo. Nei casi più estremi, le vittime del gaslighting vengono completamente spogliate del loro senso di sé e rinunciano completamente alla loro autonomia individuale. Tra gli esempi più noti e drammatici ci sono il caso di Patty Hearst, il Tempio del Popolo di Jim Jones, la famiglia Manson e vari altri culti, ma la verità è che il gaslighting avviene ogni giorno, lontano dai riflettori dei media, in innumerevoli relazioni personali e professionali. Dalla primavera del 2020, siamo stati sottoposti ad un gaslighting ufficiale su una scala senza precedenti. In un certo senso, la PSYOP della “pandemia apocalittica” è stata una grande campagna di gaslighting generalizzata (che comprende innumerevoli casi individuali di gaslighting) nei confronti delle masse di tutto il mondo. Gli eventi di quest’ultima settimana ne sono solo un ulteriore esempio.

In sostanza, è successo che lunedì scorso un dirigente di Pfizer ha confermato al Parlamento Europeo che la sua azienda non sapeva se il proprio “vaccino” Covid impedisse la trasmissione del virus, mentre era stato pubblicizzato come se facesse esattamente questo, quando era stato imposto alle masse nel dicembre del 2020. Le persone hanno visto il video in cui il dirigente ammetteva il fatto, o ne hanno sentito parlare, e si sono arrabbiate. Hanno twittato e postato su Facebook i video dell’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, di Bill Gates, del direttore del CDC, di propagandisti ufficiali come Rachel Maddow e di vari altri “esperti” e “autorità” che avevano palesemente mentito al pubblico, promettendo alla gente che farsi “vaccinare” avrebbe “impedito la trasmissione,” “protetto altre persone dall’infezione,” “fermato il virus sul nascere” e così via. Queste affermazioni senza senso (tutte menzogne) erano state la giustificazione per la segregazione e la persecuzione sistematica dei “non vaccinati” e per l’odio fanatico e generalizzato nei confronti di chiunque sfidasse la narrazione ufficiale del “vaccino” e l’ideologia ufficiale della Nuova Normalità, odio che persiste ancora oggi. L’apparato di propaganda della Nuova Normalità (cioè i media aziendali, gli “esperti” di salute e altri) ha risposto alla storia in modo prevedibile. L’hanno ignorata, sperando che sparisse. Quando non l’ha fatto, hanno tirato fuori i “fact-checkers” (cioè i “gaslighters”). L’Associated Press, la Reuters, PolitiFact e altre organizzazioni ufficiali di gaslighting hanno immediatamente pubblicato lunghi “fact-checking” ufficiali che farebbero arrossire un sofista. Leggeteli e capirete cosa intendo. Sono esempi perfetti di gaslighting ufficiale, creati per distrarre l’utente dal punto e risucchiarlo in una discussione su dettagli e definizioni senza senso. Sembrano esattamente come i negazionisti dell’Olocausto che affermano pateticamente che non ci sono prove scritte che Hitler abbia ordinato la Soluzione Finale… e non ci sono, ma non importa. È certo che Hitler aveva ordinato la Soluzione Finale, ed è certo che hanno mentito sui “vaccini.” Internet è pieno di prove delle loro bugie… tweet, video, articoli e così via.

Questo è ciò che rende il gaslighting così frustrante per le persone che credono di essere impegnate in una discussione in buona fede sui fatti e sulla verità. Ma non è così che funziona il totalitarismo. I Nuovi Normali, quando ripetono qualsiasi cosa le autorità li abbiano istruiti a ripetere oggi (ad esempio, “fidatevi della scienza,” “sicuri ed efficaci,” “nessuno ha mai affermato che avrebbero impedito la trasmissione”), non possono preoccuparsi più di tanto se sia effettivamente vero o anche se abbia un minimo di senso. Questo genere di “fact-check” non ha lo scopo di convincerli che qualcosa sia vero o falso. E non ha certo lo scopo di convincere noi. Sono copioni ufficiali, punti di discussione e luoghi comuni che distruggono il pensiero che i Nuovi Normali devono ripetere, come i cultisti che vi rispondono intonando dei mantra per spegnere le loro menti e bloccare tutto ciò che contraddice o minaccia la “realtà” del culto. Potete presentare loro i fatti reali e loro sorrideranno consapevolmente, li negheranno spudoratamente e vi prenderanno in giro con condiscendenza perché non “vedete la verità.”

Ma ecco il problema del gaslighting. Per poter fare del gaslighting in modo efficace, dovete essere in una posizione di autorità o esercitare qualche altra forma di potere su qualcuno. Questo qualcuno deve avere bisogno di qualcosa di vitale da voi (ad esempio, sostentamento, sicurezza finanziaria, senso di comunità, avanzamento di carriera o semplicemente amore). Non potete avvicinarvi ad un estraneo a caso per strada e iniziare a manipolarlo. Vi riderebbe in faccia. Il motivo per cui le autorità della Nuova Normalità sono state in grado di abusare psicologicamente le masse in modo così efficace è che la maggior parte delle masse ha bisogno di qualcosa da loro… un lavoro, del cibo, un riparo, del denaro, della sicurezza, dello status, della loro amicizia, di una relazione o di qualsiasi cosa non siano disposti a rischiare sfidando coloro che sono al potere e le loro bugie. I gaslighter, i cultisti e i maniaci del potere, in genere, lo sanno. È da questo che dipendono, dalla vostra riluttanza a vivere senza qualcosa, qualsiasi cosa. Puntano dritti a ciò che desiderate e minacciano di togliervelo (a volte consapevolmente, a volte solo intuitivamente). Il gaslighting non funziona se siete disposti a rinunciare a ciò che il gaslighter minaccia di togliervi (o di smettere di darvi, a seconda dei casi), ma dovete essere disposti a perderlo davvero, perché sarete puniti per esservi difesi, per non aver rinunciato alla vostra autonomia e alla vostra integrità e per non esservi conformati alla “realtà” del culto, o della relazione abusiva, o del sistema totalitario.

Ho descritto la Nuova Normalità (cioè la nostra nuova “realtà”) come un totalitarismo patologizzato e come “un culto scritto in grande, su scala sociale.” Ho usato l’analogia del “Culto Covidiano” perché ogni sistema totalitario funziona essenzialmente come un culto, con la differenza principale che, nei sistemi totalitari, l’equilibrio di potere tra il culto e la società normale (cioè dominante) è completamente invertito. Il culto diventa la società dominante (cioè “normale”) e i non membri del culto diventano i “devianti.” Non vogliamo vederci come “devianti” (perché non siamo noi ad essere cambiati, ma la società) e il nostro istinto è quello di rifiutare l’etichetta, ma, in realtà, è proprio questo che siamo… devianti. Siamo persone che si discostano dalla norma, una nuova norma che rifiutiamo e a cui ci opponiamo, ma che, nonostante ciò, è comunque la norma, e quindi saremo considerati e trattati come devianti. Io sono un deviante. Ho la sensazione che lo siate anche voi. Date le circostanze, non c’è nulla di cui vergognarsi. Al contrario, dobbiamo accettarlo e farcene una ragione. Soprattutto, dobbiamo fare chiarezza su questo punto, sulla nostra posizione in questa nuova “realtà.”

Ci stiamo dirigendo verso la Nuova Normalità Invernale n. 3. Stanno già aumentando la propaganda ufficiale, aumentando i “casi” inventati, parlando di reintrodurre l’obbligo della mascherina, fomentando l’odio di massa verso i “non vaccinati” e così via. Le bollette del gas raddoppiano e triplicano. Le classi dirigenti del capitalismo globale abbracciano apertamente i neonazisti. Si parla di una guerra nucleare “limitata.” Fanatismo, paura e odio abbondano. L’abuso psicologico delle masse non sta diminuendo. Anzi, aumenta. La soppressione del dissenso si sta intensificando, così come la demonizzazione della non conformità. Le linee vengono tracciate sulla sabbia. Lo vedete e lo sentite, proprio come me. Chiarite cosa è essenziale per voi. Chiarite cosa siete disposti a perdere. Rimanete devianti. Rimanete freddi. Non è finita.

CJ Hopkins (tradotto da Markus) 

 
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23 Ottobre 2022

 Da Rassegna di Arianna del 21-10-2022 (N.d.d.)

Vorrei sottolineare ciò che per molti risulta essere quasi incomprensibile. Sono molti i Generali dell'esercito italiano che in questi mesi, con le loro parole sempre schiette basate anche sulla propria esperienza, si sono prodigati nei loro estemporanei passaggi televisivi a chiarire non solo come andavano realmente le cose sul campo di battaglia, ma anche ad approfondire le responsabilità di un conflitto iniziato molto prima del 24 febbraio. Molto spesso abbiamo associato direttamente il termine Generale o Colonnello non solo con la guerra come situazione fattuale, ma con la guerra come scelta che loro stessi farebbero per risolvere i conflitti. Non è così: i vertici militari sono gli “operativi” che, volenti o nolenti, si trovano a mettere in pratica ciò che politici confusi, superficiali o del tutto in malafede, i veri artefici di ogni guerra, gli dicono di fare. Per questo vorrei ringraziare questi Generali italiani, per le loro parole, sempre volte al negoziato, che ci mostrano quanto i bellicisti siano più che altro i politici o i giornalisti… da poltrona. Il fatto quindi che proprio dai vertici militari arrivino spesso parole di pace, volte alla risoluzione negoziale del conflitto, è un apparente paradosso che deve farci riflettere profondamente.

Grazie al Generale Vincenzo Camporini per il dopoguerra: "Sogno una Russia integrata con l'Europa in pace e connessa economicamente. Tra Russia ed Europa c'è un'assoluta complementarità dal punto di vista delle economie, chi ha la tecnologia non ha l'energia, e viceversa. Abbiamo anche basi culturali comuni, per cui immagino una futura integrazione." Grazie al Generale Leonardo Tricarico: “...Cosa facciamo noi adesso? Continuiamo a lasciare che Zelensky compia atti inquadrabili in questo attentato all'integrità territoriale russa, oppure dobbiamo fermarlo? Zelensky non può continuare a fare ciò che vuole. Serve concertazione internazionale, non c'è stata”...“Non ho mai nascosto la mia preoccupazione per l’ingresso di nuovi Paesi nella Nato e in particolar modo per l’ingresso di Finlandia e Svezia in questo particolare momento. I nuovi ingressi non renderebbero più sicura l’area e renderebbero difficili i negoziati con Mosca” Grazie al Generale Antonio Li Gobbi “se l’Europa fosse riuscita a imporsi come elemento neutrale di riferimento per negoziare, sarebbe stato molto meglio. Non si è stati in grado di assolvere un tale ruolo, che sarebbe spettato all’Europa, e allora è inevitabile dare le armi, anche per tranquillizzare, forse ipocritamente, la nostra coscienza ...Oggi si dice che la guerra è iniziata a febbraio. In realtà è iniziata nel 2014 se non prima. La cosiddetta “operazione militare speciale” di Putin è la sua evoluzione... la UE non ha affrontato il problema ucraino come dal 2014 ad oggi, nonostante due nazioni europee, Francia e Germania, avessero un ruolo nell’ambito degli accordi di Minsk.” Grazie al Generale Marco Bertolini: “L’Italia non ha mai dato le armi a nessuno. Non le ha date alla Somalia che aveva a che fare con una variante dell’Isis. Io ero lì e ci chiedevano armi, ma non gliele abbiamo date e sa perché? Perché non usiamo alimentare i conflitti, ed è lo stesso criterio che abbiamo usato in altre situazioni in cui c’era un popolo aggredito... Proprio perché il conflitto è a due passi da noi bisognava spegnerlo prima possibile, non tenerlo acceso alimentando una resistenza di poche speranze. (…) Putin ha già raggiunto i due terzi degli obiettivi che si era posto all’inizio (indipendenza delle repubbliche del Donetsk e del Luhansk e riconoscimento della Crimea come parte della Federazione Russa).  Resta il discorso dell’Ucraina che non deve entrare nella Nato, ma nessuno parla di negoziato, perché sicuramente non è voluto dagli Usa, che sono i veri competitor della Russia in questa battaglia. E di conseguenza neanche Zelensky lo vuole.  Mosca sta dando altro dal punto di vista tattico, ma non vede l’ora di finire questa operazione sul campo per andare a un tavolo negoziale, che però non c’è.” Grazie al Generale Paolo Capitini: ”C’è stato un errore storico nel non aver coltivato il disegno di un continente che vada dall’Atlantico agli Urali tanto caro anche a Giovanni Paolo II che parlò di «Europa a due polmoni ». L’esito di questa frattura è la politica di sanzioni alla Russia e fornitura di armi all’Ucraina che denota l’illusione che queste misure possano portare risultati concreti. È lo specchio dell’incapacità di capire una realtà molto diversa dalla nostra. E il capolavoro è stato aver trasformato uno come Erdogan, che in questo caso ha saputo tacere - uno che massacra i Curdi e abbandona al loro destino migliaia di profughi a Lesbo - in un campione della pace.” Grazie al Generale Fabio Mini: “Non si sa a chi vanno le armi ma anche i soldi, tutti gli aiuti che confluiscono in Ucraina. Non si sa neanche dove vanno gli uomini”. E aggiunge: “Tecnicamente siamo in guerra”. “Dovevamo smantellare la Nato alla fine della Guerra fredda. La Nato non è più un’alleanza difensiva, è un’alleanza chiaramente offensiva perché ha come suo obiettivo quello di espandersi e dare una mano agli Stati Uniti per far fuori la Russia.” Il generale ha definito “imbarazzante” la posizione che l’Italia ha adottato nella guerra ucraina; infatti, si sarebbe potuto evitare l’inizio del conflitto.  “Sarebbe bastato discutere sulla politica, gli interessi e la sicurezza dell’Europa invece di accettare ad occhi chiusi una versione distorta della realtà come quella prospettata dagli Usa, dalla Ue e dalla Nato”

Angelo Colella

 

 
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